Selfie di un Caracole è una performance collettiva che indaga e ribalta il senso del selfie, oggi comunemente inteso come strumento di autecelebrazione personale. La figura del fotografo scompare: rimane il soggetto, sempre più solo, a celebrare se stesso e la propria immagine.
Cogliendo l'occasione dello storico e attuale rinnovamento del movimento zapatista con le dimissioni del Subcomandante Marcos, si pone l'azzardo di una serie di ritratti-selfie in cui tutti indossano il passamontagna zapatista; strumento che antepone il carattere di comunità all'immagine del singolo.
Viene sabotata l'idea di autocelebrazione e vi si antepone il senso di comunità. L'oscuramento dell'identità singola sacrificata per anteporre l'identità collettiva è un tratto che ritroviamo in molti movimenti, anche online, basate su azioni di hacking o sulla costruzione di software open source. In questo modo anche il selfie si sottrae all'idea di celebrazione di un singolo, ma diviene simbolo di Caracole, la piccola comunità indigena che è alla base del movimento zapatista.
L'opera è stata realizzata al Maam - Museo dell'altro e dell'altrove, nella rassegna performativa "ginnastica della visione" a cura di Paolo Angelosanto